medicina estetica

Fillers a lento riassorbimento

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Qualche informazione

Si intende per filler a lento riassorbimento un prodotto che, una volta iniettato nel corpo umano, nelle settimane o nei mesi a seguire – grazie ai fisiologici processi specifici per ogni tipologia di prodotto – viene degradato e attraverso i sistemi di smaltimento viene eliminato o distrutto fino a scomparire.
La velocità di questo processo è legata sia alla quantità di prodotto inoculato che alla sede d’impianto, nonché alla modalità in cui l’impianto è stato effettuato, e non ultimo alle caratteristiche individuali del soggetto.

Indicazioni – a cosa serve un filler?

Tuttavia, rispetto ai più semplici acidi ialuronici e similari, questa categoria di prodotti si distingue per un altro importante fenomeno che si verifica nelle settimane successive all’impianto: essa è in grado di sviluppare e stimolare una specifica risposta biocellulare. In questa maniera, parallelamente al riassorbimento delle molecole iniettate, si verifica una stimolazione di produzione di nuovo collagene ed elastina che in parte si sostituiscono alla degradazione del prodotto.
Il risultato è un effetto estetico di riempimento più durevole rispetto ai fillers riassorbibili, con un effetto di ridensificazione del derma che nei prodotti riassorbibili non si vede.
In questa categoria di prodotti comprendiamo due classi di materiali:

  • L’idrossiapatite di calcio, filler ormai noto da più di 20 anni nel campo della medicina in generale e della chirurgia maxillo-facciale e plastica in particolare;
  • L’acido polilattico, che solo impropriamente è considerato un filler, dato che in realtà non nasce per avere un potere di riempimento dei tessuti, tuttavia agisce da potente biostimolatore dermico.

Idrossiapatite di calcio

Fillers a lento riassorbimento

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Si intende per filler a lento riassorbimento un prodotto che, una volta iniettato nel corpo umano, nelle settimane o nei mesi a seguire – grazie ai fisiologici processi specifici per ogni tipologia di prodotto – viene degradato e attraverso i sistemi di smaltimento viene eliminato o distrutto fino a scomparire.
La velocità di questo processo è legata sia alla quantità di prodotto inoculato che alla sede d’impianto, nonché alla modalità in cui l’impianto è stato effettuato, e non ultimo alle caratteristiche individuali del soggetto.
Tuttavia, rispetto ai più semplici acidi ialuronici e similari, questa categoria di prodotti si distingue per un altro importante fenomeno che si verifica nelle settimane successive all’impianto: essa è in grado di sviluppare e stimolare una specifica risposta biocellulare. In questa maniera, parallelamente al riassorbimento delle molecole iniettate, si verifica una stimolazione di produzione di nuovo collagene ed elastina che in parte si sostituiscono alla degradazione del prodotto.
Il risultato è un effetto estetico di riempimento più durevole rispetto ai fillers riassorbibili, con un effetto di ridensificazione del derma che nei prodotti riassorbibili non si vede.
In questa categoria di prodotti comprendiamo due classi di materiali:

  • L’idrossiapatite di calcio, filler ormai noto da più di 20 anni nel campo della medicina in generale e della chirurgia maxillo-facciale e plastica in particolare;
  • L’acido polilattico, che solo impropriamente è considerato un filler, dato che in realtà non nasce per avere un potere di riempimento dei tessuti, tuttavia agisce da potente biostimolatore dermico.

È importante affidarsi ad uno specialista esperto nell’utilizzo dell’idrossiapatite di calcio.

Questo perché il prodotto è molto versatile, ma per ogni indicazione prevede una preparazione ed una tecnica d’impianto specifica. Esistono inoltre specifiche zone del viso e del corpo in cui esistono controindicazioni al suo utilizzo.

Nel colloquio che avrete con lo specialista, è importante informarlo compiutamente sui farmaci che eventualmente assumete e sui trattamenti estetici che avete ricevuto in passato. È importante che lo specialista sia a conoscenza infatti di eventuali impianti già presenti nel vostro viso, di eventuali terapie chimiche o stimolazioni d’altro genere cui la vostra pelle è stata sottoposta.

In particolare per quanto riguarda l’idrossiapatite di calcio, essa non ha controindicazioni all’utilizzo nelle stesse aree in cui è stato iniettato acido ialuronico e questo è ancora presente, mentre è necessario discutere col medico l’indicazione al suo utilizzo in zone che possano presentare eventuali residui da pregresso impianto di gel di agarosio effettuato nell’ultimo anno.

Sul mercato l’idrossiapatite di calcio si presenta in quattro formulazioni: fiale da 0,8 cc e fiale da 1,5 cc, entrambe con o senza 0,3cc di lidocaina addizionata. Vengono fornite con aghi da 27G o 28G, ma è possibile utilizzare micro-cannule da 22G, 25G e 27G per l’impianto. L’utilizzo di una piccola quantità di anestetico mescolato al prodotto è sicuramente utile, e dipende dalle abitudini del medico il fatto di utilizzare fiale già addizionate o di aggiungere lidocaina nelle quantità desiderate al prodotto puro.
Se si decide di diluire il prodotto con soluzione fisiologica e/o di aggiungere lidocaina, la miscelazione va fatta trasferendo il prodotto in due siringhe dotate di innesto luer-lock, unite da un connettore luer-to-luer. La fase della miscelazione è molto importante e va eseguita con cura, passando ripetutamente da una siringa all’altra il prodotto prima di considerarlo pronto per l’impianto. Quanto più il prodotto è usato diluito, tanto più bisogna porre attenzione a miscelarlo ancora immediatamente prima dell’impianto, per evitare che l’idrossiapatite di calcio si depositi – cosa che avviene velocemente – sul fondo della siringa separandosi dal diluente.
La procedura deve essere eseguita ovviamente in sterilità, servendosi di un piano di appoggio e di guanti sterili, immediatamente prima dell’impianto.

Il trattamento è ambulatoriale, non richiede ricovero, va fatto negli ambienti idonei e da personale medico certificato esperto, rispettando tutte le rigorose regole dell’asepsi (cioè di disinfezione della cute e di sterilità dei dispositivi che vengono a contatto col prodotto).

Appena terminato è possibile tornare sin da subito alle proprie attività, utilizzando anche – con una certa cautela – creme e trucchi. Il vostro specialista saprà darvi tutte le informazioni del caso.

Il trattamento non è doloroso, ma su pazienti particolarmente sensibili o timorosi di provare dolore, il medico può prescrivere una crema anestetica da applicare a cura del paziente almeno un’ora prima sulle aree da trattare.

L’eritema che spesso è presente subito dopo l’iniezione sparisce nell’arco di 48 ore.

Il gonfiore indotto è minimo in quanto, non trattandosi di un prodotto igroscopico, non richiama acqua.
Chiaramente tutto ciò dipende anche dalla quantità iniettata, dalla tecnica utilizzata, dalla qualità dei tessuti riceventi e dalla mano di chi lo esegue.

Eventuali reazioni avverse più importanti, peraltro rarissime, sono da segnalare immediatamente allo specialista.

Ogni filler ha proprietà e caratteristiche specifiche ed il fatto che oggi il panorama degli iniettabili possa avvalersi di varie proposte eccelenti permette finalmente di dedicare ogni prodotto all’ottenimento dei migliori risultati, sfruttandone al meglio le singole caratteristiche sul singolo paziente.

Per questo è importante affidarsi alle cure di uno specialista che li conosca bene e che sappia creare su ogni paziente un piano di trattamento personalizzato in base alle specifiche esigenze – che non sempre coincidono con le richieste – e caratteristiche oggettive dei tessuti, all’età ed alle personali condizioni di salute e benessere della pelle.

Lo specialista sarà anche in grado di prevedere una pianificazione dei trattamenti nel tempo, in modo da studiare col singolo paziente un percorso che gli permetta di mantenere una certa uniformità di risultati che fa parte della qualità del risultato stesso, sfruttando al meglio sia gli effetti volumizzanti dei fillers utilizzati, che quelli di biostimolazione.

Come già detto, la salute della pelle passa anche attraverso la salute generale del corpo, e per questo è importante impegnarsi in una prevenzione attiva dell’invecchiamento e della degenerazione dei tessuti, eliminando i maggiori fattori esterni di stress, alimentandosi in maniera più consapevole e svolgendo una regolare attività fisica.

Un aspetto molto importante della qualità dei risultati è dato dalla naturalezza degli stessi, naturalezza che è anche legata al rispetto per le proporzioni degli elementi del viso che si vanno a trattare.

Quali sono quindi gli effetti potenziali dell’idrossiapatite di calcio da poter sfruttare?

  • Su zigomo e mento: l’effetto più volumizzante che si ottiene iniettandolo nella regione sovraperiostea (cioè immediatamente sopra l’osso) dello zigomo o del mento, in modalità più concentrata; le sue caratteristiche di densità, viscosità coesività lo rendono infatti ideale per i riempimenti profondi sia nelle persone giovani che nelle persone più anziane in cui il riassorbimento delle componenti ossee sia evidente
  • Sulla regione temporale (vedi fig.1) e nel sottocute dei lobi delle orecchie: un effetto più di diffusione e di ripristino delle linee perdute, utile in alcune aree del viso tipo la regione temporale, o nel sottocute dei lobi delle orecchie, dove non è richiesta un’azione liftante, ma soprattutto di riempimento e di ripristino di linee più morbide che nel tempo si sono svuotate, purché usato con cautela ed in piccole quantità, con rilasci graduali ed omogenei di idrossiapatite di calcio.
  • Sulle guance e sulla parte del viso anteriore all’orecchio fino all’area mandibolare: un effetto misto di volume molto leggero e soprattutto ridensificazione del derma, a maggiori diluizioni, utile nel sottocute delle guance (vedi fig.2), proprio al di sotto dell’area zigomatica, e della parte del viso anteriore all’orecchio fino alla mandibola, o nei tessuti più superficiali del mento; questo effetto ha risultati importanti e visibili nel tempo sulla qualità della pelle che risulta più luminosa e compatta;
  • Su collo e décolleté (vedi fig.3): oppure un effetto prevalente di stimolazione dermica quale quello che viene richiesto nella regione del collo e del décolleté, e di alcune aree del corpo.

L’idrossiapatite di calcio può essere utilizzata da sola o nell’ambito di un programma più completo di ringiovanimento, anche chirurgico.

L’FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l’utilizzo di questo prodotto anche per il riempimento del mento ed il profilo mandibolare, che sono eseguiti diversamente nell’uomo e nella donna.

Al di fuori dell’utilizzo sul viso, il dorso delle mani è un altro importante target dell’utilizzo dell’idrossiapatite di calcio, approvato dall’FDA americana. Le mani sono continuamente esposte ad ogni tipo di stress: meccanico, chimico, fisico, termico ed ambientale. Il dorso delle mani perde turgore e convessità, la pelle diventa sottile e spenta, vene e tendini diventano superficiali e molto visibili, una moltitudine di microrughe le segna velocemente. Radiesse® è il primo e unico filler approvato dalla FDA americana per il ripristino del volume del dorso delle mani, restituendo loro un aspetto giovane e levigato.

Il colloquio con lo specialista vi fornirà anche una serie di informazioni riguardanti i comportamenti da osservare nel periodo post-trattamento, e poi nel lungo tempo, per mantenere al meglio i risultati raggiunti e/o per evitare l’insorgenza di potenziali problemi collaterali.

Regione temporale o tempie

Fig.1 – Regione temporale

Collo e décolleté

Fig.3 – Collo e décolleté

 

Acido Polilattico

Fillers a lento riassorbimento

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L’acido polilattico o polilattato o PLLA è un polimero di origine sintetica, derivato da processi fermentativi batterici. È un prodotto biodegradabile e biologicamente sostanzialmente inerte e queste sue proprietà lo rendono molto utilizzato in ambito estetico.

In particolare, l’acido polilattico esiste sia sotto forma di prodotto iniettabile, di cui descriveremo le caratteristiche, e di fili solidi di sospensione chirurgica, argomento di cui in questo sito non tratteremo.

L’acido polilattico ai tessuti conferisce soprattutto qualità di ridensificazione. Esso infatti, iniettato sottocute stimola progressivamente, nelle settimane successive all’inoculo, la sintesi di nuovo collagene attraverso la stimolazione dei fibroblasti.

È importante affidarsi ad uno specialista di fiducia, esperto dell’uso di acido polilattico, che sappia valutare l’effettiva necessità ed indicazione all’utilizzo di questa particolare molecola nella vostra pelle.

La diffusione dell’acido polilattico sul mercato dei prodotti iniettabili ha nel tempo goduto di alterne fortune, perché, a fronte della naturalezza di composizione del materiale e dei risultati promessi (e mantenuti quando ben utilizzato), le necessarie modalità di ricostituzione e manipolazione del prodotto prima dell’utilizzo hanno più volte creato qualche problema. In particolare, spesso si è sentito parlare della formazione di granulomi o fastidiosi noduli sottocutanei, in seguito al suo utilizzo.
Le procedure di diluizione dell’acido polilattico sono state negli anni riviste e modificate, e questo ha permesso di ridurre enormemente l’incidenza di questa problematica.

l trattamento è ambulatoriale, va eseguito in ambienti idonei e da personale medico esperto nell’utilizzo di questa molecola.

La metodica per iniettare l’acido polilattico è un po’ diversa da quella che si utilizza per le altre sostanze. Innanzitutto il prodotto si presenta come una polvere sterile di cristalli liofilizzati, conservata in flaconcini sottovuoto, che va risospesa prima dell’utilizzo. La sospensione deve essere effettuata circa 48 ore prima, mediante l’aggiunta di acqua distillata e manipolazione del prodotto ricostituito secondo precisi parametri.
Anche i protocolli di diluizione dell’acido polilattico sono cambiati negli anni, per cui oggi si preferiscono soluzioni meno concentrate, perché anche questo fattore incide sulla formazione dei granulomi.
Una volta preparato, l’acido polilattico può essere mantenuto in frigo, per portarlo poi a temperatura ambiente nelle ore precedenti l’impianto.

Il trattamento con acido polilattico non è del tutto indolore, sia per le caratteristiche dell’acido stesso (e tuttavia il medico può addizionare all’ultimo momento il prodotto precedentemente preparato con una piccola quantità di anestetico locale), sia perché deve essere iniettato con aghi di un calibro piccolo ma non piccolissimo.
Su soggetti molto sensibili o timorosi di provare dolore, il medico può prescrivere una crema anestetica da applicare a cura del paziente almeno un’ora prima del trattamento sulle zone interessate.

La tecnica di iniezione può essere lineare retrograda, a griglia, a depot; questo varia in relazione alla sede d’impianto, e alle abitudini ed esperienza del medico.

L’impianto deve essere seguito da un massaggio profondo, effettuato a lungo nelle zone trattate, che va ripetuto durante il giorno stesso e nei giorni successivi dal paziente.

La sede di impianto dell’acido polilattico deve essere superficiale, ossia immediatamente nel sottocutaneo, oppure sovraperiosteo, ossia immediatamente al di sopra dell’osso. Tendenzialmente l’impianto superficiale è utilizzato nella regione delle guance, mentre quello sovraperiosteo è usato nella regione del terzo medio1 (vedi fig.1) del viso.
L’acido polilattico non deve essere iniettato nel derma (quindi troppo superficialmente) o nel muscolo, pena l’insorgenza dei fastidiosi granulomi di cui si parlava prima.

Appena il trattamento è terminato è possibile tornare alle proprie attività, benché un certo rossore diffuso alle zone trattate possa permanere per qualche ora o anche per qualche giorno, se l’entità del trattamento è stata importante, ossia è stata estesa a gran parte del volto; in tal caso è possibile avere anche un certo edema. Nelle ore successive è percepibile anche un certo bruciore.
È facile che residuino o compaiano piccoli lividi nei giorni successivi al trattamento, sia per la grande quantità di punture che è necessario effettuare, sia per la dimensione dell’ago.
Eventuali reazioni avverse più importanti, peraltro rarissime, sono da segnalare immediatamente allo specialista.

A differenza di altre sostanze, e proprio perché non è un filler ed impropriamente viene utilizzato in questo modo, l’acido polilattico non produce l’effetto desiderato immediatamente dopo l’impianto, ma anzi il trattamento ha bisogno di essere in ogni caso ripetuto più volte a distanza di 4-8 settimane dal precedente, e i suoi effetti benefici cominciano a farsi notare diverse settimane dopo il termine del trattamento stesso.

L’aspetto positivo di questa molecola è che l’effetto di ridensificazione del derma è mantenuto per un tempo piuttosto lungo, ossia almeno un anno o anche due, ed è un effetto delicato, assolutamente naturale.

A questo punto sarà necessario ripetere il trattamento nella sua interezza, oppure – anche a seconda dei tipi di pelle e della risposta avuta col primo ciclo – valutare la possibilità di fare delle sedute singole di richiamo ogni 8-10 mesi fino all’esaurimento totale del prodotto e dei suoi effetti e alla programmazione di un nuovo ciclo completo.

Da qui nasce un po’ la difficoltà, che è sempre stata un limite della diffusione del prodotto, di proporre l’acido polilattico al paziente, che tendenzialmente ha piacere di vedere un effetto immediatamente o al massimo qualche giorno dopo il trattamento stesso, e oltretutto un effetto piuttosto visibile di riempimento.

Un altro limite del prodotto, che è stato piuttosto importante nei tempi passati, è che i risultati sono molto operatore-dipendente così come la facilità nel produrre granulomi, per cui nel tempo il suo utilizzo è stato sempre minore, a fronte dell’emergenza di prodotti più “facili” e versatili. In realtà la facilità a produrre granulomi oggi è molto ridotta dall’affinarsi stesso delle ultime tecniche proposte sia per la preparazione del prodotto che per l’impianto, ma nel frattempo il mercato si è rivolto ad altri prodotti, pertanto l’acido polilattico al momento non viene più molto utilizzato né richiesto.

Viso: terzo medio

Fig.1 – Area Terzo Medio

Come precedentemente detto, l’acido polilattico non deve essere visto come un filler, anche se a volte è proposto come tale, complice anche il fatto che molti anni fa rappresentava una delle terapie utilizzate nel trattamento del viso in pazienti HIV+, proprio per contrastare l’effetto depauperante dei tessuti molli delle terapie retrovirali.

Esso svolge il suo miglior compito come potente biostimolatore del derma, sul quale ottiene un buon effetto di ridensificazione ed ispessimento.

L’effetto ideale è quello che si ottiene nelle aree del viso che tendono a dimagrire e dove l’assottigliamento dei tessuti dermici produce un effetto di vuoto che è il primo segno di invecchiamento di un viso, cui poi segue il rilassamento dei tessuti molli e quindi il loro cedimento gravitazionale.

Il punto di forza dell’acido polilattico è insomma l’intervento sulle fasi precoci dell’invecchiamento del viso, intervento che può far parte ad esempio di un programma di trattamento più completo che prevede l’impiego anche di altri fillers.

Le aree di trattamento più comuni sono: le pieghe nasolabiali (vedi fig.2), soprattutto quando ci si riferisce all’iniziale approfondimento delle stesse, non ancora gravate dal cedimento della regione paranasale e zigomatica soprastante; le guance, quando i tessuti iniziano ad assottigliarsi e le guance a dimagrire; la regione mandibolare e sottomandibolare, laddove inizia in fretta a perdere tonicità.
Ossia, praticamente, la metà inferiore del viso, quella costituita dai tessuti molli che rappresentano il primo momento di invecchiamento di un viso.

Solo i medici più esperti nell’utilizzo di acido polilattico dovrebbero trattare altre zone, quali: la regione temporale (le tempie)le sopraccigliale occhiaie, il terzo medio2 del visola regione orbitale lateraleil dorso delle mani.
Da evitare in ogni caso sono: labbra, rughette periorali (il famigerato “codice a barre” appena sopra la mucosa del labbro superiore) e rughette perioculari (sono quelle molto fini a livello delle palpebre inferiori e le “zampe di gallina” che si trattano invece con il botulino).

I dosaggi da utilizzare sul trattamento di un viso possono cambiare grandemente a seconda delle aree da trattare, a seconda dello stato della cute e della tipologia di cute della persona che si andrà a trattare e a seconda dell’entità del risultato che si vuole conseguire.
Tuttavia, considerando che l’acido polilattico è da intendere come un biostimolatore del naturale collagene, è logico pensare di trattare sempre aree bbastanza ampie del viso, per ottenere un risultato omogeneo e diffuso. Quindi è abbastanza logico pensare di trattare almeno tutta la parte inferiore del viso, se non tutto il viso nella sua interezza.
Per un intero viso sono necessari almeno due flaconcini di acido polilattico, su cuti non particolarmente sciupate. Il trattamento va ripetuto almeno 3 volte (e spesso anche di più) nell’arco di 4-8 settimane. I risultati cominciano ad essere visibili diverse settimane dopo il termine dell’intero ciclo, e si protraggono per uno o due anni.
Chiaramente questo dipende anche molto dalla qualità dei propri tessuti, e l’entità del miglioramento dipende da fattori multipli tra cui lo stato generale di benessere della pelle. Per questo è importante mantenere buono lo stato di salute generale, anche per permettere ai nostri tessuti di sfruttare al massimo le potenzialità dei trattamenti cui li sottoponiamo, chiaramente per quello che è possibile fare visto che le componenti genetiche ed ereditarie non sono modificabili.
E’ utile, se si vogliono sfruttare appieno le caratteristiche dell’acido polilattico, pianificare un programma di trattamento nel tempo per cui, una volta completato il primo ciclo, è possibile decidere se effettuare un “richiamo” ogni 8 mesi con una dose minima di prodotto o piuttosto lasciar esaurire quasi completamente l’effetto del trattamento e ripeterlo nella sua completezza dopo un tempo sicuramente più lungo.

Bocca: pieghe nasolabiali

Fig.2 – Pieghe nasolabiali

Le alternative terapeutiche all’acido polilattico sono rappresentate dalle altre sostanze disponibili in commercio ad effetto biostimolante (principalmente acido ialuronico e idrossiapatite di calcio), oppure dalla lipostruttura.

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